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Anno edizione: 2013
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Fin dal titolo è evidente il riferimento all'Odissea di Omero, poema che l'irlandese Joyce ammira smisuratamente e dal quale prende spunto per l'ampio e variegato soggetto, con l'intento di attualizzarne i singoli episodi, le circostanze nonché i comportamenti dei personaggi. Il protagonista, l'agente pubblicitario Leopold Bloom, non compie azioni eroiche ( nel senso canonico del termine ), non si distingue per il suo "multiforme ingegno" ma rappresenta un moderno Ulisse, curioso e cauto, un (anti)eroe della quotidianità, un viaggiatore, un investigatore che compie le sue "peripezie", percorrendo e ripercorrendo, dalla mattina a notte fonda, la Dublino di quel particolare 16 giugno 1904. A completare le analogie/opposizioni tra la poesia omerica e il romanzo joyciano pubblicato nel 1922 intervengono Stephen Dedalus, l'intellettuale - alter ego dell'autore - il ribelle, l'anticonformista, che rappresenta Telemaco ( perché, come lui, è in cerca di un padre ) e la cantante d'opera nonché moglie di Leopold, l'esuberante Molly Bloom ovvero la parodia di Penelope perché, contrariamente alla virtuosa e paziente moglie del Laerziade, si rivela infedele nei confronti del marito ( che, reciprocamente infedele, ritorna comunque, alla fine del suo peregrinare, dall'amata consorte ). Alla triade dei protagonisti corrisponde la tripartizione del romanzo in Telemachia, Odissea e Nostos. La rivisitazione della materia epica non è certo una banale semplificazione all'insegna dell'ironia pungente, né un'automatica trasposizione in prosa: è invece un'operazione complessa che comporta un'analisi sociale, antropologica e psicologica. Le vicende, a volte presentate in parallelo, a volte nell'intreccio dettato dagli eventi, evidenziano la normalità e la specificità di persone comuni. A tale proposito ricordiamo con rapidi esempi che il "nostro" antitetico Ulisse prepara la colazione, consegna la posta alla moglie ( presagendo un imminente tradimento ! ) esce di casa dirigendosi verso l'ufficio postale, incontra un conoscente, entra poi in una chiesa cattolica, successivamente in un negozio, partecipa ad un funerale, giunge al Freeman Journal ( così come Stephen, sebbene i due non si incontrino ), all'ora di pranzo si avvia verso un ristorante, poi preferisce consumare il pasto in un pub, etc. etc. James Joyce non si limita ovviamente a descrivere, in diciotto capitoli e in altrettanti stili talora ostici, semplici avventure quotidiane: l'ampia casistica di situazioni verosimili ricostruite nell'intero romanzo ( in cui tra l'altro la figura del singolo narratore è sostituita da una serie di narratori ) non è certamente una generica rappresentazione né tantomeno un resoconto di azioni e informazioni; si configura invece come una struttura complessa, che infrange, supera e rinnova l'estetica, la morale, il linguaggio e le tematiche tradizionali perché focalizza l'attenzione sull'uomo moderno in rapporto con la società fino a comprendere, ad esempio, disquisizioni letterarie e storico-filosofiche, talvolta deliberatamente provocatorie, oppure elementi inerenti alla psicanalisi. L'intera trama si trasforma così in uno studio, seppure sperimentale, sull'individuo, sull'interiorità, sull'inconscio, sulla condizione esistenziale. Significativa è infatti la tecnica joyciana del monologo interiore : l'autore rivela i pensieri che sgorgano e si affastellano in modo spontaneo nella mente dei protagonisti, li presenta in una disposizione che, prescindendo dalla logica, è legata a sollecitazioni derivanti dall'esterno ( da ciò che il personaggio vede o sente ), oppure è stimolata dalle analogie, dalle associazioni di idee che si stabiliscono nel flusso di coscienza. Con questa scelta espressiva, con questo strumento d'analisi il lettore coglie, con qualche difficoltà interpretativa, l'essenza dei personaggi stessi e tenta di percorrere quel labirinto che compone la loro personalità. Citando Italo Svevo: "Non è per un lettore sbadato tale lettura".
Un libro che espone in diciotto luoghi, capitoli, momenti, stili una nutrita quantità di personaggi che circondano le avventure di un irlandese a spasso per dublino. Uno dei libri belli e difficile che hanno caratterizzato il periodo del novecento. L’autore ha lavorato con sagacia e perizia, offrendo piacevoli narrazioni. L’ho ricevuto regalato e l’ho letto tutto d’un fiato, per poi acquistarne un paio di copie e regalarle a due persone che hanno apprezzato l’idea (e il libro stesso). Molto curata la scelta delle note intermedie al racconto, che rimandano al grande mito Ulisse.
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