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Anno edizione: 2007
Anno edizione: 2012
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Ecco uno di quegli uomini da cui ti faresti dire e fare di tutto, una di quelle presenze così ingombranti e adorate insieme, intimorenti e geniali, suggestive e ammalianti che solo a respirarne qualche oncia d'incontro, anche senza proferire verbo, bastano a dirti felice, come in un privilegio che finalmente tocca le sue vertebre, la sua carne sensibile, il suo sogno compiuto. Uno dei suoi libri è questo, epica di sei uomini ( a ognuno dei quali spetta un giorno della settimana) che tentano di affrontare il mistero della vita, la sua saliva impazzita, i voltafaccia del senso, i vezzi di un brogliaccio. E al poeta tocca il giovedì, perchè "il filosofo può amare l'infinito, ma il poeta ama sempre ciò ch'è compiuto". E allora ci si perde in dissertazioni e sfide a comprendere, smacchi e sfumature, moventi folli e strade confuse, per arrivare a capitolare con delizia umoristica nell'idea che "la cosa più poetica del mondo è di non avere il voltastomaco". Solo il confronto fra i due poeti a inizio libro vale la spesa e l'intera memoria di chi legge, lo scontro fra l'ordine e il caos. Quand'è che si realizza la perfezione, quando un treno arriva in orario o quando deraglia andando chissà dove? Non è stancante la prevedibilità di un tragitto? O è invece esemplare la sua obbedienza alle regole? Chesterton risponde alzando dalla sua penna una delle più alte e struggenti immagini possibili: "No, no, si tenga stretti i suoi libri di prosa e poesia pura, io leggerò con lacrime d'orgoglio l'orario ferroviario". Binari intrecciati come la selva di misteri storti nel percorso umano, le tratte oscure del senso, le contraddizioni, dove non resta che dirsi in fondo che "la vita era una mosca che languiva". Ma lo spazio è infinito, la luce inonda le pagine con trovate uniche: "Che ne direste di passare le ore mortali in un salotto con una tigre distratta?". Appena un nulla queste mie parole nella vastità che avvolge ogni periodo. Bisogna solo concedersi mani e piedi, oltre al resto.
Un libro geniale! Solo un personaggio come Chesterton poteva scriverlo... Ti tiene incollato fino all'ultimo e il finale è enigmatico, ti lascia con tante domande...
Chesterton, convertitosi al cattolicesimo nel 1922, divenne un vessillo della letteratura cristiana europea, al punto da rischiare la canonizzazione sotto il pontificato di Benedetto XVI: troppo ironico e anticonformista, tuttavia, e troppo poco devoto per diventare santo. Il romanzo si apre su una istrionesca disputa tra due sedicenti poeti: da una parte il sanguigno e irsuto Luciano Gregory, convinto che la poesia e il mondo debbano vivere nell’anarchia e nella disubbidienza a qualsiasi regola, dall’altra l’efebico Gabriele Syme, sostenitore dell’ordine, della rispettabilità e della compitezza. I due rappresentano ideologie agli antipodi, nell’arte e nel pensiero: caos e rigore, bene e male, divino e inferi, così come vanno fronteggiandosi dalla nascita della civiltà. Gregory convince Syme a partecipare a una riunione, tenuta nel segreto di un bunker sotterraneo, del Consiglio Centrale Anarchico. In realtà Syme è un agente di Scotland Yard, operante sotto copertura per difendere la società britannica e l’universo intero dalla minaccia sovversiva del terrorismo anarchico. Da questa finzione, nasce una serie di incredibili metamorfosi dei personaggi, di inseguimenti e sparizioni, finti attentati e veri travestimenti, fughe e duelli, sommosse popolari e severe repressioni militari, attraverso cui il lettore lentamente scopre che i ruoli di tutti i personaggi si mascherano e smascherano via via nel loro opposto: ogni rivoluzionario è in realtà un reazionario, ogni terrorista un poliziotto, caricature indecifrabili e bugiarde che scherniscono il potere nel momento in cui lo rappresentano. Se il finale del romanzo rivela tutta la sua assurda e derisoria beffa onirica, è nella dichiarazione centrale di un poliziotto che Chesterton riassume tutto il suo sarcastico credo: il pericolo per l’umanità non è rappresentato dai piccoli delinquenti, ma dagli intellettuali, dai filosofi eretici, dai liberi pensatori che con il loro nichilismo minano le basi della società.
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