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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2023
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“Vendo pietre”. Inizia con questa affermazione lapidaria “L’uomo senza talento”, penultimo lavoro di un maestro del fumetto giapponese Yoshiharu Tsuge. Capolavoro del watakushi manga, “fumetto dell’io” introspettivo, cupo, disperato. Davvero non saprei come reagire alla storia di quest’uomo che è capace di demolire la sua vita sotto tutti gli aspetti: professionale, famigliare, forse anche morale, per inseguire sogni che definire strampalati è un eufemismo. Prima inizia a vendere macchine fotografiche usate, e diciamo che se la cava. Poi il mercato delle Minolta crolla e la magnifica pensata è quella di vendere altro. Ma vendere cosa? Pietre. Ancora non riesco a crederci. L’ansia e la tristezza si sono impadronite di me durante la lettura. E a niente serve la figura del figlio che la sera cerca suo papà per “riportarlo a casa”, per ricondurlo al caldo della famiglia, e forse, inconsapevolmente sulla retta via dell'umana ragione. La storia è drammatica oltre ogni limite anche se non succede nulla. Ma l’ansia rimane sino alla fine, sino a svanire, nella foschia. Un capolavoro? Sì, questo è.
Le sconosciute, squallide e povere campagne di un Giappone di provincia sono il set di questa splendida storia di uno dei più famosi mangaka viventi. L'incapacità di un uomo che cerca di sbarcare il lunario nei modi più strampalati (vendendo pietre di fiume) e fantasticando un (ricco) futuro migliore tra improbabili antiquari e venditori di uccelli. Comico, triste, grottesco, introspettivo....c'è un po' di tutto.... Fortemente consigliato
Struggente nella narrazione, ironico nel disegno fatto di bianchi e neri con scarso ricorso alla mediazione del chiaroscuro. Questo romanzo disegnato racconta della non-vita di un uomo senza passato e senza futuro, impegnato non tanto a mantenere la famiglia, quanto a riguadagnarne il rispetto (della moglie non si vede il volto per quasi tutto il racconto). I bizzarri mestieri che queso anti eroe mite e sognatore si inventa fanno un po’ rabbia un po’ tenerezza nella loro improbabilità, così come i picareschi personaggi di contorno, disegnati spesso con gusto caricaturale.
Recensioni
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Un uomo percorre la riva del fiume Tama. Raccoglie le pietre che si sono accatastate alla rinfusa, le esamina, le soppesa e quando ne trova qualcuna che gli pare più speciale delle altre — eppure sono banali pietre di fiume, tutte uguali, «sembrano proprio quelle che ci sono per terra»— l’infila nella sua saccoccia. Tenterà di venderle a dei collezionisti, ma coi pochi soldi che gli daranno non si paga nemmeno un pranzo. Quell’uomo è il protagonista di uno dei manga più belli e strazianti che possa capitarvi di leggere. Quell’uomo siamo noi.
Forse non ci avete fatto caso, ma mentre ve ne state tranquilli a leggere linus il mondo là fuori sta letteralmente franando. Cioè, non proprio letteralmente: è una metafora dello storico Eric Hobsbawm, che con il termine «landslide» (frana) ha definito il periodo storico nel quale stiamo vivendo dopo la fine del miracolo economico. Con qualche decennio di ritardo cominciamo a prendere coscienza che non si tratta soltanto di un’astratta questione contabile ma che questa crisi strutturale ha effetti concreti sulle nostre vite. Significa che probabilmente nessuno dei nostri sogni si realizzerà; e noi non potremo mai essere ciò che siamo. Le promesse altisonanti iscritte nei nostri titoli di studio si sbriciolano mentre grandi e piccoli patrimoni familiari si sciolgono come neve al sole. Allora perché è così difficile trovare un fumetto che parli di questa crisi e che ci prepari al destino che ci attende?
Yoshiharu Tsuge lo ha fatto con un manga che è già un classico, coronamento di una carriera gloriosa e difficile iniziata negli anni Quaranta. Lo ha fatto raccontando la storia di un mangaka costretto a rinunciare alla sua vocazione, come accadde all’autore stesso negli Sessanta, la storia di un uomo che si arrabatta tra lavoretti sempre più improbabili e viene roso dal sospetto di essere semplicemente un «uomo senza talento». Non è forse una paura che ci attanaglia tutti quanti? Non è forse un’esistenza che ci assomiglia? Riflettere sulla crisi significa sempre, in fondo, riflettere sul senso della vita.
L’uomo senza talento di Tsuge cerca il proprio posto nel mondo ma non lo trova mai. Forse perché è lui a essere di troppo: in un mondo regolato dalla legge della domanda e dell’offerta, non c’è domanda per la sua offerta. Forse anche perché questo suo posto lo cerca sempre dalla parte sbagliata, tra i sassi e le macerie, anzi si ostina a concepire sempre nuovi stratagemmi per fallire. Anche in ciò ricorda la nostra classe disagiata, che oscilla tra ambizioni stratosferiche e un eroico disfattismo. Quante storie abbiamo sentito di giovani italiani con una, due, tre lauree che si riducono alle mansioni più improbabili per dimostrare di non essere «choosy», come insinuava il ministro Fornero: raccolgono rape, sbucciano la frutta, lavorano gratis o quasi.
O forse — ed è l’ultima ipotesi che ci permettiamo — il protagonista del manga di Tsuge ha semplicemente intuito che proprio il fallimento fosse l’arte in cui era chiamato a eccellere. L’autore ci invita a contemplare l’esistenza dell’uomo senza talento come fosse un suiseki, una pietra la cui forma assomiglia a un paesaggio o le cui venature ricordano fiori o uccelli. In questo caso però abbiamo a che fare con un sasso dalla forma apparentemente anonima, banale, insignificante. Proprio come quelli che si trovano sulle rive del fiume Tama, o i detriti di roccia che restano… dopo una frana.
Un uomo senza un lavoro, che ha abbandonato il mondo dei manga per vendere pietre in riva a un fiume. Senza successo. A casa, una moglie stanca e un bambino triste, entrambi affamati.
L’uomo senza talento di Yoshiharu Tsuge (Canicola Edizioni, pp. 224) è l’atteso sbarco in Italia di uno dei maestri giapponesi, un titolo definitivo del genere gekiga, termine che significa “immagini drammatiche”, nato in Giappone per indentificare un fumetto più adulto e, appunto, drammatico.
L’anno scorso Coconino ha avviato una collana intera al genere e ora Canicola arriva con questa iniziativa, che porta in Italia una storia amara e indimenticabile. Il suo protagonista è un perfetto inetto: senza lavoro, incapace di badare a sé o alla sua famiglia. E con un dubbio nel cuore, quello di essere inutile, il timore che la funzione di una persona ne determini l’esistenza stessa.
Inizialmente pubblicato tra il 1985 e il 1986 sulla rivista Comic Baku, L’uomo senza talento ha segnato l’apice della carriera di Tsuge, che da allora, un po’ come il protagonista del suo capolavoro, ha abbandonato i manga per darsi a vita privata.
Le vicende quotidiane, la miseria e le insicurezze sono raccontate con gelida precisione: nulla è fuori posto, tutto è credibile, tridimensionale. Un algido capolavoro.
Recensione di Pietro Minto.
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