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Anno edizione: 2013
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Qui ritengo che Bianciardi abbia dato il meglio di sé sia dal punto di vista stilistico che dello studio sociale. Infatti si tratta di uno spaccato sufficientemente completo della vita milanese. il protagonista vive il dopo-guerra pieno di risentimento per il potere e subisce il fascino dell'anarchia. Ma quando si innamora di una donna, comincia ad intraprendere un percorso di integrazione nella società. Tutto ciò descritto con un'abile penna, con un linguaggio vitalissimo e sempre adatto a catturare l'attenzione del lettore.
Ci sono grandi idee, come quella di far saltare in aria il coperchione del Potere. E ci sono le mille difficoltà che la vita ti presenta. Ombre sgradevoli sempre presenti. Ombre senza volto e senza cuore. Ombre che possono scaricarti in ogni momento perché tu non sei alle dipendenze, sei libero e devi pagare. Ombre che ti negano le cure perché te mica ce l’hai l’assistenza sanitaria. Sei libero? Devi pagare. Ombre che ti costringono a ordinare mezze porzioni perché sei libero e un pasto intero te lo puoi scordare. Ombre che devi inseguire nonostante la rabbia perché sono loro che ti concedono di lavorare, di sopravvivere. Ombre che devi sopportare per non morire. Fin che ce la fai. E poi c’è l’umanità. L’altra. Quella che incontri sul tram. Quella fatta di facce da ragioniere con i baffetti e la camicia bianca, gli occhi stanchi di sonno già alle otto del mattino. Quella fatta di facce da casalinga, facce disfatte dirette al mercato lontano perché si risparmia un po' di dané. E quella fatta di facce da “dattilografetta con le gambette secche”, la faccia smunta, “color del verme peloso che striscia sulle foglie dei platani”. L’umanità che ti è di fronte e non ti vede, che non distingui perché è tutta uguale. L’umanità che davanti a un ubriaco morto sul marciapiede si scansa un po’ per non pestarlo. Quel prossimo che si ricorda di te solo se devi pagare. Quel prossimo che chiede toglie e se ne va. Il prossimo che ti guarda opaco appena prendi un calcio in culo e sa soltanto pensare “meno male che non è toccato a me”. Lo stesso prossimo disposto a tutto per ottenere il miracolo promesso, prossimo disposto anche a far polvere, a calpestare il suo vicino, a “tafanarsi”. Perché i miracoli si pagano anche se nessuno te l’ha detto. Ma i miracoli veri non si pagano, i miracoli veri “sono quando si moltiplicano pani e pesci e pile di vino, e la gente mangia gratis tutta insieme, e beve”. Allora, in un mondo di servi lo spirito libero non può far altro che dire: “Io mi oppongo”. Perché la rivoluzione comincia da dentro. Inizia quando s’impara rimanere immobili, a non collaborare, non produrre, a non crearsi bisogni nuovi, a rinunciare a quelli che si hanno. Lo spirito libero non può che rimanere ai margini, guardare il mondo falsato dalla nebbia che scende scolorando qualsiasi abbozzo d’emozione. Rimangono il grigiore, la rabbia, l’amarezza. Rimangono una risata dissacrante, una parola irriverente, una battuta iconoclasta. Rimane forte la voglia di sognare, di poter sognare ancora. E rimane, forse, il rimorso per non aver avuto quel poco di coraggio in più.
Letto di recente dopo aver visto il film tratto dal romanzo dal titolo omonimo per la regia di Carlo Lizzani e con Ugo Tognazzi. La scrittura è sicuramente molto affascinante, intensa così come la vicenda di questo intellettuale di provincia che arriva a milano con un piano sovversivo ben preciso e che invece poi si fa fagocitare dall'ideologia piccolo-borghese del boom economico. Ho scoperto con grande sorpresa che il protagonista letterario e quello cinematografico sono piuttosto differenti nella loro evoluzione e se il primo rimane in parte legato ai proprio ideali, il secondo li sconfessa deliberatamente. Sono due interpretazioni egualmente affascinanti e consiglio a chi legge il romanzo di vedere anche il film e viceversa
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