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Ho deciso di acquistare questo titolo di Licalzi dopo averne letti altri suoi e convinta si trattasse del solito romanzo leggero, ma mai stupido. Questa raccolta di racconti in certi punti è un vero pugno allo stomaco. E' forte, commovente, a tratti doloroso e forse troppo distruttivo. Preferisco decisamente il Licalzi di "Io no" o di ""L'ultima settimana di settembre".
Un libro che racconta tante storie di vita vissuta. I protagonisti sono dei personaggi accomunati da rimpianti, errori, ferite e via dicendo. Solo alla fine del libro ci si rende conto che forse il vero protagonista è lo stesso autore, Lorenzo Licalzi, che si racconta a cuore aperto. Che dire, un capitolo in particolare mi ha emozionato, ovvero quello in cui si affronta l'analisi psicologica un pazzo omicida, è egli stesso che parla, che mette a nudo tutta la sua psiche. Alcune frasi hanno toccato le corde della mia sensibilità tenendomi incollata a quelle pagine. Purtroppo è stato l'unico momento in cui il libro mi ha realmente preso e coinvolto. È scritto bene e contiene diversi spunti carini, ma non colpisce più di tanto nel complesso e sembra non parare mai realmente da una qualche parte.
Non si copiano le frasi degli altri scrittori, “Anche gli incontri casuali seguono le vie del destino.” scritto nel libro di Murakami, "Kafka sulla spiaggia" prima pubblicazione 2002.. "La vita che volevo" è del 2009.
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