Vite pulviscolari
di Maurizio Cucchi
Con Vite pulviscolari, Maurizio Cucchi ha cambiatorotta e il suo umanesimo freddo, intelligente,insofferente, vagamente beffardo - o altrimenti, lasua sofferente ironia - si sono inoltrati in un territoriodi confine. In effetti, l'umano e «inevitabilemagone» del Disperso è divenuto qui «bolla definitivad'aria»; il sensibile, doloroso versarsi, travasarsi- di sé - «nel niente» dell'Ultimo viaggiodi Glenn si è chiarito nel pensiero poetico fondamentale:«che cos'è / il nulla?». Se "metafisica" èinnanzitutto esplorazione del confine tra esistentee non esistente, sguardo sui concetti primi, visionedella struttura del mondo, Cucchi con il suocadenzato passo feriale si è alfine incamminatonella metafisica: disintegrando ogni retorica - deisentimenti, della natura, della vita, dello spirito,degli oggetti stessi, lontani e avviliti «senza tracciané attrito» - e negando tutte le oppugnabilirassicurazioni della psiche, riscontra su quella viala forma di ciò che è o fu uomo o donna, comeun'informazione che sbuca «viva / o superstite,integra, / emersa da un nero immenso tutto». È iltu madre-padre-moglie che recando consolazioneviene al mondo, «in quel poco tempo che è ilmondo», o sta per allontanarsene, stillante di mistero,a un passo dal nulla non nominabile (o dalnero tutto) e a un passo dalla vita. È la «storia...ingiustamente accidentata» di una piccola donna«gaia e turbata», «piccola madre» retrocessa al nonessere, che all'improvviso da quel buio confinesi sporge, amorosa, come da una finestra fiorita.È l'antica ribellione «astratta, totale» di un esserechiuso nella sua insufficiente forma umana el'attuale, clamoroso «grazie» del figlio di fronte aquella stessa forma... Ma questa temeraria poesiadi Cucchi, in bilico tra cielo e «terra da mangiare», «felice attrito / col mondo» e nulla sdrucciolevole,è anche una poesia scritta «per rimanereinsieme ancora un po'» - umanamente, uomini emondo - e per trattenere il mondo in sé, nonostanteil «sopore negativo» e la «noia delle circostanze»: custodire la forma-mondo come il benesovrano, nella sua stessa difforme struttura e nellasua vocazione ultima alla difformità.Giorgio Ficara)
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