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Magnifica trasposizione de “La grande fuga dell’Ottobre Rosso” di Tom Clancy, primo romanzo in cui compare il celeberrimo agente CIA Jack Ryan. Teso e appassionante come quasi tutte le pellicole di McTiernan, risente solo minimamente di alcune venature ideologiche e propagandistiche figlie del decennio appena concluso, l’ultimo della Guerra Fredda, rimanendo tra i più riusciti film nel suo genere a quasi trent’anni dall’uscita. Numerosi i punti di forza: ritmo e dialoghi serrati, Alec Baldwin perfetto nella parte del protagonista (a mio avviso il miglior Ryan cinematografico), un cast di brillanti comprimari come James E. Jones, Scott Glenn e Sam Neill, sceneggiatura impeccabile che non fa rimpiangere l’eccezionale impianto narrativo del classico di Clancy ed un Sean Connery maestoso, impersonante il comandante dell’Ottobre Rosso Marko Ramius e premiato ai BAFTA 1991 come miglior attore. Doverosa citazione per le musiche di Poledouris e, da appassionato di doppiaggio, per la straordinaria performance di Pino Locchi che presta la sua inconfondibile voce a Connery per la 28esima volta a partire dal primo Bond del 1962, lo storico “Licenza di uccidere”.
A me non è piaciuto, perché il genere non mi attrae, ma è da vedere. La storia è verosimile, perché fatti come questi, per tacito consenso, non arrivano mai alle cronache. La guerra fredda ha causato morti e contaminazioni assai rilevanti, noti solo ai più attenti. Per esempio molti bombardieri strategici sono affondati con tutto il carico nucleare.
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