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Anno edizione: 1994
Anno edizione: 2015
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Purtroppo J. Roth mi ha deluso con questo romanzo asciutto, vacuo e a tratti molto tedioso nello sviluppo della trama. Ammetto di esser stato erroneamente influenzato verso tale lettura in quanto romanzo ribattezzato da molti come “russo”, ma esso, a parte i personaggi e l'ambientazione, personalmente è risultato come un tentativo forzato, mal riuscito di imitazione, ovvero una stereotipizzazione del romanzo russo ottocentesco.
La scrittura di Joseph Roth è nitida e lucida, mai pesante, riluce di intelligenza e di spirito, lascia chi legge in ammirazione per l’eleganza del fraseggio e per la profondità che raggiunge in modo lieve. Questo romanzo può dirsi “russo”, sia per l’ambientazione, in un ristorante russo a Parigi frequentato da emigrati ed esuli; sia per l’origine del protagonista, che racconta in prima persona agli avventori quanto gli accadde tra la Russia e Parigi; sia per alcuni tipici temi presenti nei romanzi russi come la forza della burocrazia, il potere della nobiltà zarista, lo spionaggio; sia, da ultimo ma in realtà la prima cosa che colpisce, per l’ispirazione dostoevskijana che guidò lo scrittore. Come il grande maestro russo, Roth costruisce un affresco a tutto tondo dell’umanità, rivoltata da una parte all’altra come un guanto per non perderne nemmeno un aspetto, e con toni grotteschi ed irreali, che sottendono significati simbolici evidenti attinenti ad elementi anche autobiografici, rappresenta l’intera gamma delle espressioni del Male che Dostoevskij impersonò in Stavrogin, e che qui viene personificata nel protagonista Golubcik, un agente di spionaggio sovietico il quale attraversa il “suo” inferno dal momento in cui incontra sulla propria strada un individuo singolare, Lakatos, un elegante damerino imbellettato che emana un profumo dolciastro e stordente, dalla voce melliflua e suadente: da quel momento il Demone e l’Uomo si accompagnano a braccetto, la verità e la menzogna, l’amore e l’odio, l’eros e la passione, il desiderio di giustizia e la sete di vendetta si intrecciano in un abbraccio che trabocca di umanità: “siamo uomini, uomini! Cattivi e buoni! Buoni e cattivi! Nient’altro che uomini.”
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