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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 1991
Anno edizione: 1980
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Prima parte dell'autobiografia di Canetti, non delude le aspettative. Colpisce soprattutto l'incredibile capacità di ricordare impressioni ed emozioni vissute molti anni prima, ed una scrittura nitidissima, quasi un guardare attraverso un calice di cristallo. Dal turbolento rapporto con la madre, ai frequenti spostamenti attraverso l'Europa, al rapporto morboso con i libri, tutto viene conservato e contribuisce a costruire l'essere canettiano. Si guarda anzi con un po' di invidia alla precoce iniziazione alla conoscenza dei classici della letteratura e allo studio delle lingue, soprattutto guardando indietro alla propria esperienza personale. Non può infine mancare di suscitare nostalgia lo splendore dell'Europa di inizio Novecento, e lo stesso è a dirsi per quella cultura mitteleuropea troppo presto dimenticata.
In questo libro autobiografico l'autore descrive gli anni dell'infanzia e della prima adolescenza con un linguaggio scorrevole e accattivante. Soprattutto nella sezione dedicata a Canetti bambino alcuni aneddoti divertenti colpiscono l'immaginazione e spingono a proseguire la lettura con curiosità e aspettativa. Con l'avanzare delle pagine l'iniziale 'tensione' si allenta un poco, per lasciare il posto a riflessioni più profonde e all'emergere del rapporto conflittuale con la madre che vorrebbe plasmare il figlio a sua immagine. Il conflitto prende corpo fino ad arrivare all'epilogo nel quale come lettore ho realizzato di avere maturato una latente insofferenza nei confronti di una figura materna molto ingombrante; lì, insieme con lo scrittore, in una sorta di purificazione mentale, mi sono finalmente liberata dal peso di questo personaggio grave e intransigente. Canetti scrive benissimo.
Come sempre, quando prendi in mano un’autobiografia pensi quanto sia arduo per qualsiasi scrittore ma anche per una persona qualunque fissare su una pagina bianca anche solo uno spezzone della propria vita, renderlo chiaro e di comprensibile fruizione. Veramente pochissimi come Canetti sono riusciti a padroneggiare con maestria lo strumento primario della comunicazione che è la “parola”. Ed è un vero piacere gustare il suo periodare fine ed elegante, il suo fraseggio colto e ricco mediante il quale Canetti opera il miracolo di farci partecipi sia della sua formazione spirituale ed umana sia dell’atmosfera irripetibile che investiva quelle terre mitteleuropee che gravitavano tra Vienna, Zurigo , senza dimenticare la sua fascinosa terra d’origine: la Bulgaria e quell’Inghilterra, che così gravemente segnerà la sua infanzia. Ma questo libro è anche un omaggio alla sua famiglia, al padre che lo ha amato teneramente e che lo ha iniziato per la prima volta alla scoperta della lettura, ai suoi numerosi parenti, ai nonni, in particolare. E’ un grande omaggio poi all’amatissima madre, la vera maestra della sua vita, che ha saputo instillare nel giovane Elias non solo l’amore per la letteratura ma ha saputo anche rendere la sua mente lucida, libera, scevra da fanatismi religiosi e da pregiudizi, pronta ad accogliere e comprendere gli altri e il mondo. Grazie al rigore morale materno il giovane Elias ha saputo affrontare con responsabilità i molteplici cambiamenti di ambienti, di scuole, di maestri, sapendo trarre da tutto ciò una più che importante lezione di vita. Elias ha fatto del “tedesco”, la lingua che i suoi innamoratissimi genitori usavano fra di loro, per non farsi comprendere dagli altri, proprio la sua lingua, quella che gli ha permesso di mettere un punto fermo al suo pensiero. E’ un libro che non si legge velocemente, induce alla riflessione!
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