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I suoi amici lo chiamano Zero, è di origini angolane ma non è africano, è nato in Italia ma non è italiano. La ricerca di una identità, il tentativo di fare branco e scrollarsi di dosso scomode etichette, la comprensione di cosa sia davvero il razzismo, che non è solo odio per la pelle, la religione o la razza. È quell'idea di riconoscenza che viene chiesta a chi è "diverso", quel tentativo di sentirsi come gli altri sconfitto in partenza da un'accettazione completa che non arriva mai. Il razzismo è un bambino nato qui che non può andare in gita con gli altri perché non può avere un passaporto con scritto "italiano". Un bel libro, crudo e vero, che dice cose crude e vere e non fa sconti, nemmeno in un finale che al lettore piacerebbe "lieto" per sentirsi meno in colpa. "Gli africani difendono un'identità che non gli appartiene. La storia mi ha insegnato che la mia origine è angolana perché l'hanno voluto gli europei. Perché un giorno si sono seduti davanti a un tavolo e si sono divisi l'Africa come una torta. [...] A scuola la storia degli africani iniziava con la tratta degli schiavi e finiva con l'arrivo in America. Prima non c'era nulla, un po' come se fossero stati i bianchi a dare inizio alle nostre esistenze, considerandoci"
Troppo bello!!
Bel libro che affronta un tema quanto mai attuale, ma non per niente in modo banale: l'emarginazione. Emarginazione non solo del nero da parte del bianco, ma anche tra neri, dell'omosessuale... insomma il tema del razzismo è trattato a tutto tondo. Chi si aspetta la classica storiella del povero migrante sbarcato dal barcone in cerca di fortuna, ha sbagliato (o sta sbagliando) romanzo.
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