"La paga del sabato" rende a pieno quell'incapacità e quel trauma con i quali, negli anni 50, ogni giovane si era scontrato dalla fine della guerra. A mio parere, si ritrova qui un Fenoglio più naturale, non influenzato da critiche editoriali e consigli altrui, ma fedele a quello stile schietto e asciutto che lo caratterizza. Il personaggio di Ettore, protagonista della storia, emerge con una forza incredibile, e si percepisce con intensità il disagio che vive (evidente nei suoi scatti d'ira e nel suo modo - forse un po' contorto - di amare). Un libro che si legge benissimo anche oggi e che, anzi, sembra quasi non risentire del passare del tempo.
La paga del sabato
Il romanzo rappresenta un po' il seguito delle vicende della guerra partigiana già raccontata da Fenoglio. Ettore è il tipico disadattato che dalla guerra è uscito scontroso e insofferente e non riesce a inserirsi nella normale routine. Si metterà in affari poco puliti, ma molto redditizi. Ma quando, costretto a mettere su famiglia, decide di ritirarsi e di mettersi in proprio con un lavoro onesto, uno stupido incidente volge l'epilogo in tragedia.
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Anno edizione:2014
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Silvestro Giannantonio 23 novembre 2016
Fenoglio mi colpisce ancora una volta per la sua straordinaria modernità. Il protagonista è un deluso cronico: non trova il suo posto nella famiglia tradizionale, nel lavoro impiegatizio, nè nel suo opposto (la mala). La politica l'ha preso, illuso e disilluso. Ama di un amore forte e sincero Vanda, ma è terrorizzato dai luoghi comuni della vita matrimoniale, che pure a tratti anela. E poi aspettavo da tempo una storia che si concludesse così, tutto a un tratto, con un evento banale, imprevedibile e definitivo, come poi succede spesso nella vita (e nella morte) della gente comune. Aveva ragione Italo Calvino: le storie dei banditi non sono la cosa migliore del racconto. "La cosa migliore è Ettore in casa, Ettore che girà per la città, Ettore che si guarda allo specchio", scriveva. Aggiungo che questo Ettore potrebbe benissimo essere il padre del Luciano de "La vita agra".