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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2020
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Vincitore del Premio Bagutta 2021 - Vincitore della 46.ma edizione del Premio Letterario Internazionale Mondello
Finalista del premio Lattes Grinzane 2020
Il romanzo più importante e ambizioso di Giorgio Fontana, vincitore del Premio Campiello 2014. La povertà e il riscatto, la fede e la politica, l’urlo della rabbia e il silenzio delle parole. Una saga del Novecento, raccontata con la sensibilità del XXI secolo.
«Questo romanzo è un proiettile che entra nel Novecento italiano, passa la storia da parte a parte e fuoriesce dal presente, trasformando il lettore, dopo essergli entrato nella testa quanto nel cuore» - Claudia Durastanti
«Si parla tanto del Grande Romanzo Americano. E quello italiano? Un grande romanzo italiano l’ha scritto Giorgio Fontana. Eccolo. C’è la forza del passato, l’avventura, ci sono gli amori che siamo stati: è il libro di questa nostra vita. Leggerlo è sapere chi siamo oggi» - Marco Missiroli
Una famiglia del Nord Italia, tra l’inizio di un secolo e l’avvento di un altro. La metamorfosi continua della specie, che nasce contadina, diventa proletaria e poi borghese, e poi chissà. L’esodo e la deriva, dalla montagna alla pianura, dal borgo alla periferia, dalla provincia alla metropoli. Il tempo che scorre, il passato che impasta il destino, la nebbia che sale dal futuro; in mezzo un presente che sembra durare per sempre, l’unico orizzonte visibile, teatro delle possibilità e gabbia dei desideri. È questo il paesaggio in cui vivono e muoiono i Sartori da quando il primo di loro fugge dall’esercito dopo la ritirata di Caporetto e incontra una ragazza in un casale di campagna. Fino ai giorni nostri, quelli di una giovane donna che visita la tomba del suo bisnonno. Quattro generazioni, dal 1917 al 2012, dal Friuli rurale alla Milano contemporanea, dalle guerre mondiali alla ricostruzione alla globalizzazione, dal lavoro nei campi alle scrivanie delle multinazionali. È circa un secolo, che mai diventa breve: per i Sartori contiene tutto, la colpa, la vergogna, la rabbia, la frenesia, la stasi. Sempre la lotta e quasi mai la calma, o la sensazione definitiva della felicità. Ma i Sartori non ne hanno bisogno, e forse non ci credono neppure nella felicità. Perché se ogni posto nel mondo è una merda, è meglio imparare a vivere, e stare lì dove la vita ci manda.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
“Potevano fuggire dove gli pareva o stare fermi, ma la realtà non sarebbe cambiata. Il mondo sembrava fatto per combatterli. Il mondo era più forte di loro, o forse loro erano così testardi e stupidi da non sapere come viverci in pace. Eppure non si arrendevano. Nemmeno difronte alla sventura, alla malattia, alla solitudine…” Ecco i Sartori, ed ecco la storia di una famiglia dispiegata in quattro generazioni, dal primo decennio del 1900 al primo del 2000. Un romanzo storico italiano, una saga, un’impresa di circa novecento pagine. Tutte impeccabili, molte intense, da rileggere. “Il miglior romanzo italiano degli ultimi dieci anni” scrive Francesco Cataluccio. Voce autorevole a cui mi sento di fare timida eco. Sì. Questo è un grande romanzo. Che prima ti avvolge e ti avviluppa e poi ti inghiotte, ti immerge nel dolore e nel disincanto, ti commuove e ti ubriaca nella nostalgia di qualcosa che poteva essere e non è stato. È come uno specchio rivolto verso l’anima, il cuore e non so che altro. La mente anche, sì, senza dubbio. Perché è impossibile non pensare a ciò che eravamo e a ciò che siamo diventati, a tutti gli ideali traditi, ai miti infranti, sogni di generazioni sbriciolati e dissipati nella povere. Passando dalla Resistenza alla Rivoluzione e arrivando all’individualismo edonista e intriso di tristezza. Eppure ciascuno, pur essendo figlio del proprio tempo, forgiato dagli errori dei padri, erede del pieno e del vuoto delle precedenti generazioni, ha pur sempre se stesso, un essere umano nuovo, una scommessa da vincere o perdere, un gioco da ritentare e ricominciare ancora. Ciascuno ha la gioia e il dolore di sempre -l’universale esperienza umana- ma singolare per chi si affaccia per la prima volta al mondo: l’amore, la malattia, la speranza, il disincanto, la fede, il lutto. Non si arrendevano. E non soltanto perché i Sartori sono friulani e sentono inscritta nella tempra del carattere la loro origine, ma soprattutto perché sono uomini e donne anche profondamente diversi, ma che di tempo in tempo cercano di rispondere alla domanda fondamentale, quella sul senso. Rischiando, sbagliando strada, soffrendo, disperandosi...ricominciando da capo. Esserci. Qui, ora, e in relazione agli altri. Nella Storia. Testimoniare. E così rendere la memoria utile a rispondere a quell’unica sostanziale imprescindibile interrogazione su se stessi e sul mondo.
Questo libro proprio non mi ha catturato. Ha una mole imponente che fa prevedere il grande romanzo che attraversa le generazioni ma alla fine mi ha lasciato un sapore da 'fiction' televisiva. Dispiace perché Fontana aveva scritto belle cose. La mia modesta sensazione è che l'autore abbia fatto il passo più lungo della gamba e cioè che non fosse ancora pronto per opere di largo respiro. Spero di sbagliare.
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