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Quando lei era buona, lui lo era meno... Un Roth minore, un Roth degli inizi. Dopo l'annuncio che non scriverà più, editorialmente, si è raschiato il fondo del barile. Fondo del barile o no, la mia decisione di completare la lettura della sua intera produzione letteraria non recede perché, nonostante che al di fuori del Zuckerman narratore e protagonosta non abbia trovato molta soddisfazione, ho capito fin dal suo primo libro che ho letto, 'La controvita', che 'Letting [him] go' non sarebbe più stato possibile.
E' sempre sorprendente leggere Roth, ti entra nell'anima. E' fortemente dialogante, sembra quasi che stia discorrendo con te dell'anima. Della tua anima. Forse, è il miglior Roth. Dalla parte della donne che guardano meglio la stupida superficialità degli uomini.Spero proprio che riprenda a scrivere, abbiamo nostalgia della sua scrittura.
Raccontare la realtà, l'imprevedibile e il necessario che compongono la nostra sfida terrena. Raccontare il tempo di questa sfida, come può evolversi, essere determinata da fattori interni ed esterni, e, nel caso del maggior scrittore statunitense del secondo Novecento in questo suo libro (il terzo, apparso nel 1967) come può in breve implodere. Lucy, la protagonista assoluta di Roth, corre, senza saperlo nella prima parte del romanzo, verso il suicidio, avvenuto fra i mucchi di neve gelata del piccolo paese di quella provincia americana che è descritta come una gola di apparente benessere e infelicità interiore in cui gli individui precipitano di momento in momento: qui è la diciottenne studentessa del college, rimasta incinta del viziato ventenne Roy, la ragazza non facilmente dimenticabile dal lettore per le sofferenze che sfogliano i pochi anni che le rimangono. Lucy viene dal dolore, lo conosce, il padre alcolizzato, la madre succube, la nonna arcigna e il nonno troppo arrendevole, e va verso la morte: perché? Un carattere forgiato in un contesto contradditorio, le procura il disagio di non saper scegliere, ogni scelta di Lucy è abortita nell'abbandono dopo l'aleatoria suggestione, così la sua adesione al cattolicesimo dura poco, come l'amicizia con le altre, mentre solo la ripulsa verso il padre è costante, istinto distruttivo che la pervade, anche se il personaggio - Roth è un preciso psicologo - crede nella propria immagine di donna altruista, emancipata, consapevole ("buona"). Lo è anche, ma il registro è sbagliato, alimentato dalla negazione. Lucy, dunque, non vorrà abortire, sposerà controvoglia un uomo-bambino, non potrà perdonare, continuerà a dissacrare l'ambiente, mortificando se stessa. Senza volontà precise, suggerisce Roth, gli obiettivi, qualunque meta, si rivelano totem mostruosi, oppure forme di sabbia. Il romanzo accusa l'ambiente, gretto, vacuo. Ma anche Lucy che si è preparata a esserne vittima. Colpevole? Verso di sè? Un libro di domande.
Recensioni
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“Anche quella battaglia aveva combattuto e anche quella battaglia aveva vinto, eppure le sembrava di non essere mai stata in vita sua tanto desolata quanto si sentiva desolata adesso. Sí, aveva ottenuto tutto quel che aveva voluto, ma aveva l'impressione, mentre tornavano a casa attraverso la tempesta, che non sarebbe mai morta - che sarebbe vissuta per sempre in quel nuovo mondo che si era costruita, e non sarebbe mai morta, e non avrebbe mai avuto la possibilità di essere non solo giusta, ma felice.”
Proprio quando siamo assuefatti ai suoi ebrei di mezza età misogeni, frustrati, dominati da squallide perversioni erotiche, ci ritroviamo tra le mani un romanzo giovanile di Philip Roth che ha come protagonista una donna. Quando lei era buona, secondo romanzo di Roth, pubblicato nel 1967, viene ora ristampato da Einaudi e ci è possibile rileggerlo nella nuova traduzione di Norman Gobetti (quella introvabile del 1970 per Rizzoli era di Bruno Oddera, e il titolo era Quando Lucy era buona). Caso unico, sì. Ma va detto che Lucy Nelson, la protagonista del romanzo, oltre a essere in parte ispirata alla prima moglie Margaret Martinson, contiene già alcune caratteristiche dell'universo maschile rappresentato da Roth nei romanzi a venire.
Lucy Nelson cresce a Liberty Center, una piccola cittadina del Midwest, negli anni Quaranta. Vive a casa dei nonni materni Willard e Berta da quando ha tre anni. Sua madre Myra è una donna debole e senza carattere, suo padre è un uomo incapace di mantenersi un lavoro, alcolizzato e violento, che entra ed esce di galera. Suora mancata, Lucy diventa un'adolescente autoritaria, determinata e risoluta, molto legata al nonno Will, vergognandosi dei propri genitori. Dopo uno dei soliti episodi di violenza di cui è vittima la madre, la ragazza chiama la polizia e fa arrestare il padre.
Durante l'estate prima della partenza per il college, Lucy inizia una relazione con Roy Bassart, un giovane spiantato reduce delle Aleutine che non sa bene cosa fare della sua vita. Cedendo alle estenuanti richieste di Roy e alle sua parole lusinghiere e rassicuranti, Lucy si farà convincere ad andare "fino in fondo", e poco dopo l'inizio dei corsi scoprirà di essere incinta. Lucy e Roy si sposeranno a Natale, pur sapendo di non amarsi, e andranno a vivere insieme a Fort Kean. Alla nascita del bambino, Lucy giura a se stessa che suo figlio non avrebbe mai saputo cosa vuol dire vivere in una casa senza padre e che lei non avrebbe rivissuto la vita di sua madre. Nel frattempo riesce ad allontanare per sempre suo padre, estromettendolo dalla vita di tutta la famiglia, e costringe Roy a lasciare gli studi e ad accettare un lavoro come assistente di un fotografo per permettere al figlio di crescere in una famiglia vera, in una casa vera.
Piena di rabbia per la sua infanzia infelice, Lucy vuole essere onesta, giusta, buona. La più buona di tutti. La sua condotta puritana vuole essere esemplare. Lucy costruisce e ordina il mondo intorno a sé secondo il suo personale concetto di verità e giustizia e si sente in diritto di giudicare e impartire lezioni di vita agli altri. Proprio per questo Lucy è crudele e spietata: perché il suo concetto di giustizia non ammette pietà. Si sente in dovere di educare e proteggere tutti gli uomini-bambini con cui ha a che fare, e lo fa come se stesse combattendo una battaglia santa. La sua condanna nei confronti del padre è netta e inappellabile. Anche verso alcune decisioni del nonno non mancherà di manifestare inequivocabilmente il suo dissenso. L'obiettivo della sua vita è rendere il marito un uomo adulto e responsabile. Un brav'uomo, insomma, da sposare e, forse, amare. Lucy è disposta a tutto pur di cambiare la natura di Roy, renderlo somigliante a questa immagine perfetta, soffocarne i desideri e le ambizioni.
I contrasti tra Lucy e Roy iniziano quando lui pensa di mettersi in proprio per provare a realizzare un sogno, e Lucy non è d'accordo perché la decisione potrebbe essere rischiosa e sconvolgere l'equilibrio familiare. Lo famiglia di Roy si metterà in mezzo per cercare di allontanare il ragazzo e il bambino da Lucy. La tragedia a quel punto è inevitabile.
Quando lei era buona è la storia di una famiglia americana del desolato Midwest lungo tre generazioni - un itinerario familiare che in seguito Roth svilupperà nel suo capolavoro Pastorale americana -, narrata attraverso una lunga analessi che si concentra sulla figura della protagonista femminile. Lucy ha la grandezza statuaria di un'eroina classica, e per questo è destinata a soccombere di fronte alla banalità della vita.
Anche in questo caso Roth non delude e ci regala un romanzo cupo ma splendido sulle frustrazioni e sulla tragedia della vita.
Recensione di Sandra Bardotti
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