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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2012
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Un romanzo che non riesco a definire in altro modo se non straziante. Per ogni pagina di questo romanzo ci troviamo a soffrire per la protagonista, con la protagonista, a causa della protagonista. Ma non è solo Lucy a vivere una vita derelitta e infelice, sono tutti i personaggi che popolano questo romanzo. Lucy Nelson capita in una famiglia che (forse?) non riesce a capirla, che non si comporta come lei si aspetta e continua a incontrare sulla sua strada persone che non fanno altro che farla soffrire, che aumentano il suo odio verso gli altri, verso la vita ma, al tempo stesso, aumentano anche il suo amore. Due sentimenti contrastanti e indissolubili che guidano la vita di questa donna fin da quando era bambina. Una narrazione forte, dura, incisiva. Personaggi sbagliati, imperfetti, retti nelle loro convinzioni, morali e amorali al tempo stesso. Un Roth a mio parere strabiliante. Si possono trovare delle similitudini con "Pastorale americana" e, nonostante sia considerato il suo capolavoro, devo dire che questo romanzo mi ha colpito talmente nel profondo da farmelo addirittura preferire a "Pastorale americana" stessa. Per me, consigliatissimo.
Uno dei più bei libri di Roth, la protagonista Lucy è una donna di una forza morale strabiliante.
Questo è l’unico romanzo di Philip Roth in cui ad essere protagonista è una donna, Lucy, che fin da bambina cercherà di correggere ciò che ritiene sbagliato nel mondo e soprattutto negli uomini, mettendo in tal modo in secondo piano la sua esistenza. Anche qui Roth cerca di ricostruire cosa c’è dietro i comportamenti umani, attraverso il passato di ciascun protagonista, in quanto alla base di ogni comportamento c’è un perché da ricercare nella vita passata. Se c’è una differenza rispetto a romanzi più maturi e ben più famosi dell’autore, questa risiede nello stile, che per quanto elaborato è ancora acerbo rispetto alle vette future che sarà in grado di raggiungere Roth; d'altronde abbiamo molti più dialoghi che per loro natura semplificano la prosa. Comunque, consiglio a tutti gli amanti di Roth la lettura delle vicende di Lucy, così come lo consiglio a chi voglia approcciarsi a questa grande penna americana.
Recensioni
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“Anche quella battaglia aveva combattuto e anche quella battaglia aveva vinto, eppure le sembrava di non essere mai stata in vita sua tanto desolata quanto si sentiva desolata adesso. Sí, aveva ottenuto tutto quel che aveva voluto, ma aveva l'impressione, mentre tornavano a casa attraverso la tempesta, che non sarebbe mai morta - che sarebbe vissuta per sempre in quel nuovo mondo che si era costruita, e non sarebbe mai morta, e non avrebbe mai avuto la possibilità di essere non solo giusta, ma felice.”
Proprio quando siamo assuefatti ai suoi ebrei di mezza età misogeni, frustrati, dominati da squallide perversioni erotiche, ci ritroviamo tra le mani un romanzo giovanile di Philip Roth che ha come protagonista una donna. Quando lei era buona, secondo romanzo di Roth, pubblicato nel 1967, viene ora ristampato da Einaudi e ci è possibile rileggerlo nella nuova traduzione di Norman Gobetti (quella introvabile del 1970 per Rizzoli era di Bruno Oddera, e il titolo era Quando Lucy era buona). Caso unico, sì. Ma va detto che Lucy Nelson, la protagonista del romanzo, oltre a essere in parte ispirata alla prima moglie Margaret Martinson, contiene già alcune caratteristiche dell'universo maschile rappresentato da Roth nei romanzi a venire.
Lucy Nelson cresce a Liberty Center, una piccola cittadina del Midwest, negli anni Quaranta. Vive a casa dei nonni materni Willard e Berta da quando ha tre anni. Sua madre Myra è una donna debole e senza carattere, suo padre è un uomo incapace di mantenersi un lavoro, alcolizzato e violento, che entra ed esce di galera. Suora mancata, Lucy diventa un'adolescente autoritaria, determinata e risoluta, molto legata al nonno Will, vergognandosi dei propri genitori. Dopo uno dei soliti episodi di violenza di cui è vittima la madre, la ragazza chiama la polizia e fa arrestare il padre.
Durante l'estate prima della partenza per il college, Lucy inizia una relazione con Roy Bassart, un giovane spiantato reduce delle Aleutine che non sa bene cosa fare della sua vita. Cedendo alle estenuanti richieste di Roy e alle sua parole lusinghiere e rassicuranti, Lucy si farà convincere ad andare "fino in fondo", e poco dopo l'inizio dei corsi scoprirà di essere incinta. Lucy e Roy si sposeranno a Natale, pur sapendo di non amarsi, e andranno a vivere insieme a Fort Kean. Alla nascita del bambino, Lucy giura a se stessa che suo figlio non avrebbe mai saputo cosa vuol dire vivere in una casa senza padre e che lei non avrebbe rivissuto la vita di sua madre. Nel frattempo riesce ad allontanare per sempre suo padre, estromettendolo dalla vita di tutta la famiglia, e costringe Roy a lasciare gli studi e ad accettare un lavoro come assistente di un fotografo per permettere al figlio di crescere in una famiglia vera, in una casa vera.
Piena di rabbia per la sua infanzia infelice, Lucy vuole essere onesta, giusta, buona. La più buona di tutti. La sua condotta puritana vuole essere esemplare. Lucy costruisce e ordina il mondo intorno a sé secondo il suo personale concetto di verità e giustizia e si sente in diritto di giudicare e impartire lezioni di vita agli altri. Proprio per questo Lucy è crudele e spietata: perché il suo concetto di giustizia non ammette pietà. Si sente in dovere di educare e proteggere tutti gli uomini-bambini con cui ha a che fare, e lo fa come se stesse combattendo una battaglia santa. La sua condanna nei confronti del padre è netta e inappellabile. Anche verso alcune decisioni del nonno non mancherà di manifestare inequivocabilmente il suo dissenso. L'obiettivo della sua vita è rendere il marito un uomo adulto e responsabile. Un brav'uomo, insomma, da sposare e, forse, amare. Lucy è disposta a tutto pur di cambiare la natura di Roy, renderlo somigliante a questa immagine perfetta, soffocarne i desideri e le ambizioni.
I contrasti tra Lucy e Roy iniziano quando lui pensa di mettersi in proprio per provare a realizzare un sogno, e Lucy non è d'accordo perché la decisione potrebbe essere rischiosa e sconvolgere l'equilibrio familiare. Lo famiglia di Roy si metterà in mezzo per cercare di allontanare il ragazzo e il bambino da Lucy. La tragedia a quel punto è inevitabile.
Quando lei era buona è la storia di una famiglia americana del desolato Midwest lungo tre generazioni - un itinerario familiare che in seguito Roth svilupperà nel suo capolavoro Pastorale americana -, narrata attraverso una lunga analessi che si concentra sulla figura della protagonista femminile. Lucy ha la grandezza statuaria di un'eroina classica, e per questo è destinata a soccombere di fronte alla banalità della vita.
Anche in questo caso Roth non delude e ci regala un romanzo cupo ma splendido sulle frustrazioni e sulla tragedia della vita.
Recensione di Sandra Bardotti
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