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La signora Dalloway - Virginia Woolf - copertina
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La signora Dalloway
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La signora Dalloway - Virginia Woolf - copertina
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Descrizione


Incontri, paure, ambizioni, desideri si rincorrono per le strade di Londra nel corso di una giornata nella vita della Signora Dalloway.
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Dettagli

2019
9 dicembre 2019
198 p., Brossura
9788832147629

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 5/5

La trama è ben nota e se nessuno dei meravigliosi recensori a 5 stelle riesce a convincerti a leggerlo, allora sicuramente non posso io. A volte leggo uno dei "Classici" e mi chiedo cosa diavolo vi abbiano trovato gli altri di così bello. Questa non è una di quelle volte. Senza dubbio, Woolf è difficile e a volte sembra vagare come un fiume che si muove attraverso un fitto bosco di prosa insondabile, ma se ti prendi il tempo, potresti scoprire delle belle pepite che difficilmente troverai nella maggior parte degli scrittori. Ad ogni modo, la odierete o la amerete, e se la odiate lasciate perdere, non sforzatevi o non la apprezzerete affatto. Ai lettori che cercano una narrativa riflessiva e profondamente commovente, allora non farà alcun male finire aggrovigliati nella prosa della Woolf. Non c'è nessun altro scrittore come lei, e gli ultimi paragrafi, in particolare l'ultima riga della signora Dalloway, sono a dir poco geniali.

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Giuseppe Piccolo
Recensioni: 5/5

Virginia Woolf è unica, impossibile paragonarla ad altri, ed unica è anche Clarissa Dalloway la protagonista del libro. La tecnica narrativa del “flusso di coscienza”, tipica dell' autrice, permette al lettore di entare letteralmente nelle teste e nei cuori dei vari personaggi della storia, consentendo di raggiungere un livello di realismo psicologico a cui gli scrittori Inglesi dell' epoca precedente non erano mai arrivati. Clarissa fa alcune cose semplici: compra fiori, passeggia, riceve la visita di un vecchio amico etc ma il tutto viene reso assolutamente poetico, ricco di particolari, di significato, dalla prosa della Woolf. Un libro che ogni buon lettore dovrebbe possedere per leggerlo e rileggerlo in cerca di significati sempre nuovi.

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Annalisa Mancuso
Recensioni: 4/5

La signora Dalloway disse che i fiori sarebbe andata a comprarli lei. Inizia così la lunga giornata di Clarissa, alle 10 del mattino di un giorno d’estate, in cui avrebbe dato la sua festa. La signora Dalloway è famosa per le sue feste eleganti dove partecipano i personaggi più illustri della burocrazia londinese; quella sera, forse, sarebbe passato addirittura il primo Ministro. Esce di casa Clarissa, per recarsi a Bond Street per prendere i fiori, e tutto quello si intuisce sulla protagonista dal’incipit – donna sulla cinquantina, bella ed elegante, superficiale e mondana – crolla, perché l’autrice ci butta immediatamente nel suo flusso di coscienza (stream of consciousness) fluido ed affascinante. Simile alla sensazione di viaggiare con la mente mentre si passeggia per le strade, lo scorrere nella mente di Clarissa è un insieme di ricordi passati e presenti, saltando dai vecchi amori alle amicizie di un tempo fino ai preparativi della festa. Un fiume interrotto solo dal rintocco del Big Ben che ci riporta alla realtà, ora dopo ora, ricordando a Clarissa di rammendare il vestito, sistemare i fiori, prepararsi per l’evento. C’è un altro protagonista nel viavai delle strade di Westminster, nella frenetica Londra, tra i vortici di pensieri e parole del romanzo: Peter Warren Smith, veterano della Prima Guerra Mondiale che soffre di shell shock, un forte disagio psicologico che afflisse molti soldati sopravvissuti al conflitto. I suoi pensieri disfattisti ed autodistruttivi sembrano in netto contrasto con quelli di Clarissa, impegnata nei piccoli gesti di preparazione della feste. Eppure i due si incontrano, senza mai vedersi, si sfiorano e capiscono, senza mai parlarsi. Un grande appassionato di cultura e letteratura, sposato con Lucrezia, ragazza italiana che non sa più come gestire gli attacchi depressivi del marito che quasi non la riconosce più, Septimus, dopo un momento di lucidità improvvisa, tra un’allucinazione e l’altra, si suicida, buttandosi dal balcone. Da una parte c’è Clarissa, maschera di un’esistenza vuota, che impegna ogni pensiero nel rimorso di scelte sbagliate ma logiche e ragionevoli (come il matrimonio col solido Richard, rinunciando all’appassionato e instabile Peter) oppure nei piccoli gesti che riempiono le sue giornate (rammendare il vestito più bello, accogliere tanto gentilmente quanto superficialmente gli ospiti, sistemare i cuscini). Dall’altra parte c’è Septimus, in cui ogni pensiero è sofferenza e senso di colpa, è coscienza di vivere in mondo che non considera importante ciò che davvero conta, rendendosi conto di non poter sopportare più un’esistenza trascinata. All’improvviso, nel mezzo di una festa ben riuscita, dell’evento più apprezzato dalla mondanità londinese, la crisi d’identità di Clarissa. Il medico di Septimus rivela il suicidio dell’uomo e la maschera della donna si infrange, se pur per un attimo, nonostante non conosca affatto la persona in questione. Ripensare all’amicizia con Sally la coraggiosa, Sally per cui non ha importanza il rango sociale, forse l’unico momento in cui Clarissa si sia mai sentita sé stessa, all’amore per l’impulsivo Peter, al matrimonio con Richard che l’ha trasformata in signora Dalloway, oscurando sempre più la personalità di Clarissa, tutto questo nella mente della donna fa scaturire un moment of being (momento di essenza): la notizia del suicidio la infastidisce, perché non è un argomento di cui si dovrebbe parlare ad una festa, ma forse ciò che la irrita è l’empatia per quell’uomo, la condivisione del suo sentimento, del gesto che lo ha reso libero finalmente. Ecco, alla fine, il culmine del romanzo, il punto di incontro tra Clarissa Dalloway e Septimus Warren Smith, un momento di profondità quasi commuovente.

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