Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo - Mario Calabresi - copertina
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Letteratura: Italia
Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo
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Descrizione


È la mattina del 17 maggio 1972, e la pistola puntata alle spalle del commissario Luigi Calabresi cambierà per sempre la storia italiana. Di lì a poco il nostro paese scivolerà in uno dei suoi periodi più bui, i cosiddetti "anni di piombo", "la notte della Repubblica". Quei due colpi di pistola però non cambiarono solo il corso degli eventi pubblici, ma sconvolsero radicalmente la vita di molti innocenti. La storia dell'omicidio Calabresi è anche la storia di chi è rimasto dopo la morte di un commissario che era anche un marito e un padre. E di tutti quelli che hanno continuato a vivere dopo aver perso la persona amata durante la violenta stagione del terrorismo. Mario Calabresi, oggi giornalista di "Repubblica", racconta la storia e le storie di quanti sono rimasti fuori dalla memoria degli anni di piombo, l'esistenza delle "altre" vittime del terrorismo, dei figli e delle mogli di chi è morto: c'è chi non ha avuto più la forza di ripartire, di sopportare la disattenzione pubblica, l'oblio collettivo; e c'è chi non ha mai smesso di lottare perché fosse rispettata la memoria e per non farsi inghiottire dai rimorsi. La storia della sua famiglia si intreccia così con quella di tanti altri (la figlia di Antonio Custra, di Luigi Marangoni o il figlio di Emilio Alessandrini) costretti all'improvviso ad affrontare, soli, una catastrofe privata, che deve appartenere a tutti noi.

Dettagli

8 maggio 2007
131 p., Brossura
9788804568421

Valutazioni e recensioni

  • GUGLIELMO CAUSARANO

    Un libro scritto sugli anni '70, che di particolare e di diverso dalla cronaca di quegl'anni, ha solo il punto di vista personale, o meglio, "familiare". Un uomo che ha fatto del proprio dramma personale un motivo per guardare e vivere del passato; è giusto non dimenticare, ma non è comprensibile pensare di aver sofferto più di chiunque altro. G.C.

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