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La storia - Elsa Morante - copertina
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La storia
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La storia - Elsa Morante - copertina
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Descrizione


A questo romanzo (pensato e scritto in tre anni, dal 1971 al 1974) Elsa Morante consegna la massima esperienza della sua vita "dentro la Storia" quasi a spiegamento totale di tutte le sue precedenti esperienze narrative: da "L'isola di Arturo" a "Menzogna e sortilegio". La Storia, che si svolge a Roma durante e dopo la seconda guerra mondiale, vorrebbe parlare in un linguaggio comune e accessibile a tutti.
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Dettagli

2
2014
Tascabile
10 febbraio 2014
XXXII-672 p.
9788806219642

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 5/5

Indiscusso, superbo capolavoro. Un romanzo meraviglioso, una passeggiata nella Storia vissuta con gli occhi fanciulleschi e teneri di Iduzza, la maestra elementare protagonista di quest'opera maestosa. Da leggere, rileggere, rileggere, ancora ancora e ancora

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MARIA DARIDA
Recensioni: 5/5

Un libro di ieri e di oggi, di quelli che restano e che andrebbero letti e riletti

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Andrea Martinelli
Recensioni: 5/5

Elsa Morante, nata a Roma il 18 agosto 1912 e morta nella stessa città il 25 novembre 1985, è stata una scrittrice, poetessa e traduttrice italiana tra le più importanti del secolo scorso. Insignita di molti prestigiosi riconoscimenti, tra di essi quelli maggiormente degni di nota sono il Premio Strega del 1957, che mai prima di allora era stato conferito ad una donna, per L’isola di Arturo, e la menzione de La storia nella lista dei cento libri migliori di tutti i tempi redatta nel 2002 dal Club norvegese del libro. Tale romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1974 da Einaudi in edizione tascabile in modo tale che, come da espresso desiderio dell’autrice, risultasse accessibile al maggior numero possibile di persone, narra l’esistenza di Ida Ramundo, a partire dagli anni dell’infanzia trascorsa a Cosenza accanto al padre, di origine contadina e fede anarchica, e alla madre, di origine ebrea, entrambi maestri di scuola elementare; fino all’incontro con Alfio Mancuso, commesso viaggiatore di origine siciliana destinato, reduce della campagna italiana in Etiopia, a morire ad opera di un insospettato cancro, con il quale convolerà a nozze e da cui avrà il primo figlio, Antonino Mancuso detto Nino; e poi gli anni di vedovanza nella piccola casa di San Lorenzo, segnati dalla fervente adesione al fascismo di Nino, dovuta più alla sua braveria che non a una questione propriamente ideologica, e dalla nascita del secondogenito Giuseppe, ribattezzato dal fratello Useppe, frutto della violenza di un soldato del Reich; l’infuriare della guerra e la partenza di Nino per il nord in un battaglione di Camicie Nere, accompagnata dal quasi contemporaneo bombardamento di Roma che costringe Ida e Useppe in uno stanzone allestito per i sinistrati a Pietralata, condiviso con Giuseppe Cucchiarelli, anziano marmoraro comunista cui viene assegnato, al fine di distinguerlo dagli altri Giuseppe, il nome di Giuseppe Secondo, o, nel disarticolato linguaggio infantile di Useppe, Eppetondo, la numerosissima famiglia de I Mille e lo studente bolognese, presumibilmente disertore, Carlo Vivaldi; la ricomparsa di Nino come partigiano sotto il nome di Assodicuori, che riempie l’animo di Eppetondo di tanto ardore ideologico da convincerlo a unirsi alla brigata partigiana, seguito poco tempo dopo da Carlo, in realtà dissidente politico anarchico miracolosamente scampato all’uccisione da parte delle SS, contrariamente alla famiglia dello stesso che si scoprirà essere ebrea e borghese; il breve periodo di solitudine di Ida e Useppe a Pietralata e il seguente trasferimento in una stanza in affitto a Testaccio, presso la famiglia Marrocco composta da Filomena, sarta, il marito Tommaso, infermiere, il figlio Giovannino, in quel momento in Russia e la giovanissima moglie Annita, che, riponendo immensa fiducia nella prossimità del ritorno dell’amato, frequenta, in compagnia della di lui madre, Filomena, una vecchia prostituta in grado, a detta sua, di praticare la cartomanzia; la fine del conflitto bellico e i primi segni della malattia di Useppe, che si manifesta inizialmente soltanto attraverso alcuni incubi riconducibili alle immagini di distruzione riportate sui giornali e dei repentini cambi d’umore; la ricomparsa di Nino, ormai contrabbandiere, insieme ad una candida pastora maremmana di nome Bella; la morte di Filomena, perita per mano del suo magnaccia; i primi attacchi epilettici di Useppe e la precoce dipartita del primogenito Mancuso, che scuotono Ida dal profondo e la lasciano debole tanto psicologicamente quanto fisicamente; le lunghe passeggiate di Useppe e Bella attraverso la Città Eterna e gli incontri con gli unici due amici della coppia: Scimò Pietro, adolescente fuggito da un riformatorio, e Davide Segre, ormai ridotto alla dipendenza dalle più diverse droghe che, pur placando i tumulti interiori del suo animo dettati dalla forte contrapposizione tra l’odio nei confronti della classe borghese e l’amore per la deceduta famiglia ad essa appartenente, lo condurrà, di lì a poco, alla morte per overdose; l’intensificazione del malessere generale di Useppe e la sempre maggior frequenza degli attacchi epilettici che lo conducono, infine, ad una triste morte, in seguito alla quale Ida, sconvolta, sarà portata alla pazzia. Il romanzo, nella sua complessità, realizza un meraviglioso affresco di qualcosa che troppo raramente viene considerato dalla storia: coloro che la subiscono, non monarchi, governanti o personalità influenti, ma persone che, di fronte all’orrore di uno dei conflitti più sanguinosi che l’umanità abbia mai conosciuto, non possono far altro che continuare a vivere nel miglior modo concessogli dal fato. La prosa della Morante è qui straordinaria nel portare alla luce in ogni sua sfaccettatura ciascuna delle personalità descritte e nell’aprire uno scorcio sulla vita quotidiana durante e nell’immediato seguito del secondo conflitto mondiale, restituendo dignità alle vittime di una guerra che non avevano richiesto né desiderato, e che ne sono state orrendamente travolte, affermando che la loro vita ha il diritto di essere raccontata e ascoltata, perché l’indifferenza umana non sia più causa di tali atti.

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