Non è solo un romanzo su un furto di identità in rete, ma sul valore del dubbio: si può credere a un Dio che ti chiede come atto di fede di dubitare della sua esistenza? Sembrerebbe un paradosso ma la divinità che appare al re degli alameciti proprio questo richiede per saldare un’alleanza con il suo popolo. Non è comunque solo un racconto su questo popolo che ha subito il primo genocidio della storia e che utilizza adesso le nuove tecnologie per ritrovare i propri discendenti, perché sono davvero tanti i temi affrontati nel romanzo, come il dolore mai superato per la morte tragica di un padre che spinge il protagonista a cercare disperatamente non una donna da amare, ma una famiglia in cui inserirsi e di cui sentirsi parte. Questi tentativi a volte buffi e goffi di farsi accettare mi hanno suscitato una profonda tenerezza, soprattutto tenendo conto del cinismo che il protagonista esprime nella sua vita di tutti i giorni. Una gran bella scrittura, in particolare i dialoghi con la sua assistente Betsy quando Ferris descrive solo le risposte di lei mentre per lui scrive solo “glielo spiego e lei dice” e, nonostante tutto, non si perde mai il filo del dialogo. Un escamotage veramente efficace che mi è piaciuto tantissimo. L’unica pecca il titolo: davvero brutto. Grande scrittore Ferris, anche se per colpa sua adesso ho l’incubo del filo interdentale e non riuscirò più a mettermi la crema per le mani senza pensare alla fine a cui sono comunque destinate.
Svegliamoci pure, ma a un'ora decente
Paul ORourke vive a New York in un appartamento su due livelli con vista sulla Brooklyn Promenade. Va a cena tre o quattro volte a settimana da chef che hanno parecchie stelle Michelin, infanzie trascorse nella valle del Rodano e show televisivi tutti loro. Si aggira in luoghi dove le scorte di vino, da sole, fannosembrare lImpero romano una zona depressa del Kansas. Ha uno studio di dentista che occupa metà del piano terra di un condominio dietro Park Avenue, la strada piú elegante del mondo, dove i portieri si vestono con tanto di guanti e berretto e aprono le porte ad anziane vedove con cagnolino. È capace di lavorare in cinque postazioni situate in cinque sale diverse, e di fare, cosí, soldi a palate. Tifa per i Red Sox che, nel 2004, soffiarono persino il titolo agli Yankees e vinsero le World Series. In una sola estate, per due mesi, ha anche profuso tutte le sue energie migliori nel golf. E, tuttavia, Paul ORourke ha un grave problema: tutte queste cose che racchiudono la sua vita gli appaiono soltanto parti. E le parti e qui viene la fregatura non sono tutto. Uno studio di dentista di successo non è tutto, i Red Sox, il lavoro, lo svago, gli chef, niente può essere veramente tutto, se ciascuna cosa riesce a occupare perfettamente il tempo soltanto per un certo periodo. Persino Connie, la ragazza con cui ha avuto unintensa relazione, non può essere tutto. Ipocrita come tutte le anime poetiche, Connie in America non metterebbe mai piede in una chiesa, ma in Europa si precipita subito dalla pista dellaeroporto al transetto, come se il Dio di Dante e di Bach non aspettasse che il suo arrivo da secoli. Paul ORourke avrebbe lassoluta certezza di aver sprecato la sua vita, se una serie inaspettata di eventi non mutasse radicalmente il corso della sua insignificante esistenza, destinata a trascinarsi nellabisso come un pallina da golf sullorlo della buca. Un giorno capita nel suo studio un tipo bizzarro che, dopo essersi fatto estrarre un dente rovinato da una maldestra otturazione, gli sussurra con lalito acre da anestetico: «Sono un ulm, e lo è anche lei!». Qualche tempo dopo qualcuno crea un sito web del suo studio, completo di profili di tutti i suoi collaboratori e di una sua biografia colma di citazioni tratte dallAntico Testamento. E lo «sputtanamento online» appare tuttaltro che tale. Chi parla a nome del «Dottor Paul C. ORourke, medico dentista», inviando messaggi sui blog e sulle bacheche facebook di mezzo mondo, lo fa non con idiozie inframmezzate da incomprensibili geroglifici, ma con pensieri profondi sullo stato presente e sulle cose ultime del mondo. Svegliamoci pure, ma a unora decente, splendida conferma del talento dellautore di E poi siamo arrivati alla fine, è una delle opere piú attese sulla scena letteraria internazionale, «il primo grande romanzo sul furto didentità in rete». (Yuko Shimizo, GQ) «Svegliamoci pure, ma a unora decente è meravigliosamente scritto. È divertente, provocatorio e toccante Vi sono dei libri che catturano per la forza della visione del mondo dellautore. Questo è uno di quei libri». Stephen King «La prosa di Ferris è impertinente, stravagante e spaventosamente bella». The New Yorker «Joshua Ferris ha saputo coinvolgere e sedurre i lettori giovani [...] e i letterati che soppesano le virgole e sanno quando è il caso di inchinarsi al cervello unito alla buona scrittura». Corriere della Sera «Un giovane narratore che ama in egual misura la cultura classica e quella popolare, e concentra il proprio sforzo creativo sulla sincerità e lumanità dei suoi personaggi». la Repubblica «Joshua Ferris è un vero scrittore, perché anche la sua scrittura racconta». Daria Bignardi, Vanity Fair
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Non è solo un romanzo su un furto di identità in rete, ma sul valore del dubbio: si può credere a un Dio che ti chiede come atto di fede di dubitare della sua esistenza? Sembrerebbe un paradosso ma la divinità che appare al re degli alameciti proprio questo richiede per saldare un’alleanza con il suo popolo. Non è comunque solo un racconto su questo popolo che ha subito il primo genocidio della storia e che utilizza adesso le nuove tecnologie per ritrovare i propri discendenti, perché sono davvero tanti i temi affrontati nel romanzo, come il dolore mai superato per la morte tragica di un padre che spinge il protagonista a cercare disperatamente non una donna da amare, ma una famiglia in cui inserirsi e di cui sentirsi parte. Questi tentativi a volte buffi e goffi di farsi accettare mi hanno suscitato una profonda tenerezza, soprattutto tenendo conto del cinismo che il protagonista esprime nella sua vita di tutti i giorni. Una gran bella scrittura, in particolare i dialoghi con la sua assistente Betsy quando Ferris descrive solo le risposte di lei mentre per lui scrive solo “glielo spiego e lei dice” e, nonostante tutto, non si perde mai il filo del dialogo. Un escamotage veramente efficace che mi è piaciuto tantissimo. L’unica pecca il titolo: davvero brutto. Grande scrittore Ferris, anche se per colpa sua adesso ho l’incubo del filo interdentale e non riuscirò più a mettermi la crema per le mani senza pensare alla fine a cui sono comunque destinate.
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