Ho imparato ad amare la letteratura sudamericana con letture di incomparabile bellezza, di valore universale, di arricchimento umano e di profondità enormi (Bolano, Donoso, Onetti, Arlt, Piglia, Mutis, Mastretta, meno conosciuti ma non meno bravi degli Amado, Garcia Marquez, Vargas Llosa), ma questo incontro quasi occasionale con "La tregua" di Mario Benedetti è stato folgorante. È un libro che lascia il segno, di tale bellezza, profondità di analisi, unite e legate da una scrittura magistralmente essenziale, incalzante ed avvincente, che ti fa sentire fortunato per averlo letto e dispiaciuto per non averlo letto prima. È impossibile che qualsiasi lettore non trovi elementi di vicinanza o anche di identificazione in questo diario, ed è così che anche Montevideo si dissolve nella umanità universale.
La tregua
"Signore maturo, esperto, posato, quarantanove anni, senza gravi acciacchi, ottimo stipendio": cosi si descriverebbe Martin Santomé, il protagonista di questo piccolo classico della letteratura sudamericana. Schiacciato dalla noia di una vita da impiegato di commercio, vedovo con tre figli ormai grandi, guarda al trascorrere del tempo con tranquilla disillusione. E tutto rimarrebbe immobile fino al suo pensionamento, se in ufficio non venisse assunta la giovane Avellaneda, timida e chiusa in una silenziosa bellezza: per lei Santomé sente nascere un amore insperato, che lo porterà a vivere una relazione clandestina, rimettendo il tempo in movimento. Come Svevo in "Senilità", "La tregua" racconta la capacità straordinaria che ha la vita di prendere il vento e gonfiare le vele, per poi tornare alla quiete della bonaccia.
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Autore:
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Traduttore:
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Editore:
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Anno edizione:2014
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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christian tornesello 09 marzo 2017
Questo romanzo mi ha suscitato sentimenti contrastanti e mi ha regalato emozioni. La scrittura a mio avviso è semplice ma potente ed evocativa, forse un po' troppo pessimista. Il protagonista è un cinquantenne cui manca poco per la pensione, la moglie è morta da 20 anni lasciandolo solo a crescere i 3 figli e lui ha adempiuto coscienziosamente al suo dovere di padre e cittadino modello, rassegnandosi a una vita piatta e monotona. Finché nell'ufficio in cui lavora non arriva una giovane nuova impiegata... Una storia di tutti i giorni, come forse ne sono esistite e ne esistono tante, ma che è stata tuttavia capace di farmi interrogare ancora una volta sul perché siamo al mondo e sull'obbligo che ciascuno di noi ha di amare qualcuno e dare un senso alla propria vita.
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Michele Scarpinato 06 marzo 2017
La bellezza di questo romanzo sta anche nel suo stile semplice, asciutto, ma sincero a tal punto da fare male. Sì, perché Martin Santomè, il protagonista/narratore di cui leggiamo il diario di un anno, non fa sconti né a sé stesso né al lettore. Scrive quello che sente, scrive la sua mediocrità, la sua stanchezza, pur senza mai piangersi addosso: la sua è un’infelicità profonda, che non scade mai però in disperazione. Nel giro di poche pagine Martin ci permette di diventare suoi amici, anche perché quando si legge il diario di una persona si stabilisce con lei un tale grado di intimità da cui poi è estremamente difficile tornare indietro. Non si può non condividerne la gioia per l’amore sbocciato all’improvviso, per una giovane donna capace di amare liberamente e con onestà, senza pretendere pegni che la ripaghino del suo amore incondizionato. La tregua di Martin finisce con il diventare anche quella di chi legge, una parentesi felice in cui il respiro si fa più leggero. Forse è anche per questo che il dolore che accompagna di solito l’ultima pagina di un libro sembra in questo caso incredibilmente forte.