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Anno edizione: 2019
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Un romanzo che tocca il cuore, il sacrificio di una madre per il futuro del proprio figlio. Il libro è ambientato nel dopoguerra nei quartieri diseredati di Napoli. Tratta con dolcezza la questione meridionale. I bambini analfabeti vengono inviati a famiglie del nord per educarli e provvedere all'istruzione scolastica da una iniziativa del partito comunista. Il protagonista e la voce narrante è Amerigo, un bambino di otto anni cresciuto nel quartiere rione sanità, tra comari e analfabeti. Non frequenta la scuola in quanto la maestra è austera, preferendo la raccolta degli stracci del quartiere, per rivenderli al mercato con la complicità della madre e del compagno. Amerigo salirà assieme ai suoi amici sul treno dei bambini e sarà "adottato "da una famiglia di Modena. Qui approfondirà l'amore per la musica diventando in età adulta un violista famoso in tutto il mondo. Ritornerà dopo cinquant'anni per ricucire il rapporto con la madre interrotto all'età di dieci anni, ma sarà troppo tardi, in quanto Antonietta sarà già deceduta e all'uomo rimarrà solo più il suo ricordo.
Bello, coinvolgente e vero. Racconta uno spaccato dell'Italia post guerra che non conoscevo. L'ho letto d'un fiato.
Amerigo, sette anni, lo sguardo furbo e deciso di bambino di un rione di Napoli, è uno di quei settantamila che, insieme ad amici e sconosciuti, sale su un treno alla volta dell'Emilia Romagna, dove centinaia di famiglie sono pronte ad accogliere anche loro, perché dove si mangia in tre c'è sempre posto per un piatto in più. Amerigo vive con la madre, trascorre le sue giornate tra le strade della città, a raccogliere pezze da rivendere al mercato, ricavando qualche lira per poter avere una vita dignitosa. Amerigo è uno, ma in realtà rappresenta una generazione intera, non di bambini strappati alle famiglie, come potrebbe apparire a una prima occhiata, ma di bambini affidati a seconde famiglie per permettere loro un po' di dignità, quella solidarietà che, ammetto, non credevo fosse esistita in quel particolare periodo storico. La scrittura di Viola Ardone rende la storia magnetica, è molto difficile staccarsi da queste pagine, poiché ciò che prevale nelle sue parole, è l'emozione che vive il lettore. Spesso Amerigo in quanto personaggio è passato in secondo piano rispetto al contesto sociale che fa da cornice alla storia, che più volte mi ha incantato per tutto ciò che trasmette. L'ambiente ha giocato un ruolo rilevante, da Napoli alla Romagna, dalla precarietà a una certa forma di stabilità, dal senso di essere soli, al conoscere l'affetto vero, nonostante la madre di Amerigo, Antonietta, con la sua scontrosità e i pochi sorrisi ha mostrato tutto il suo amore nel mettere l'unico figlio rimasto su quel treno, allontanandolo da se. Quello che non poteva aspettarsi era la trasformazione del bambino; in quei mesi Amerigo comprende chi vuole diventare e da chi rifuggire, comprende come non voglia lasciarsi sopraffare dal corso degli eventi, quanto piuttosto agire e iniziare a prendere decisioni importanti. "Il treno dei bambini" è un romanzo che, una volta iniziato, stupisce e ammalia, rendendone la lettura continuamente necessaria, facendo provare forte empatia sia con Amerigo che con tutti i bambini che lo circondano, nonché con tutte le famiglie che hanno messo da parte l'orgoglio, rendendosi loro stessi protagonisti di un periodo storico ricco e delicato, dimostrando quanto l'amore sia la base di ogni crescita. Unica difficoltà che ho riscontrato nella lettura è stata nella parte iniziale del libro, quando i termini dialettali in napoletano erano molto presenti, alcuni riuscivano ad essere di facile comprensione all'interno del contesto, per altri ho fatto più fatica. Non vuole questa essere una critica, visto che la scelta fatta dall'autrice mi ha fatto sentire la storia ancora più intima, vera e personale.
Recensioni
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