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La riflessione posta da Ang Lee sulla vita di un ragazzo in cui magari molti possono identificarsi è ricca di eccellenti visioni oniriche e spunti di riflessione profondi che non si riscontrano i molti film, almeno non fino a questo livello. Ammetto che è un film che guardo spesso perchè, a mio parere, è un lungometraggio perfetto, sospeso tra psicologia, fantasia e realtà che ha dalla sua un'ottima storia, commovente, una bellissima fotografia e trucchi molto ben realizzati, per non parlare dell'interpretazione del protagonista che è eccellente, sentita; quindi, un film da vedere, per scoprire che ci sono ancora registi capaci di vera originalità.
Lumière o Méliès? "The red o the blue pill?" "The red or the blue car ("I sogni segreti di Walter Mitty")?" Dilemma metafilmico con cui s'impoverisce fino alla più banale alternativa dicotomica il dibattito su vita, arte, cinema. Verismo o immaginifico? Naturalistico duplicato della realtà o sua lussureggiante fantasiosa trasfigurazione? Fede tecnoscientifica (pi greco) o divina? Secondo la mia estetica ed esperienza, è di qualche interesse solo ciò ch'esula da quest'asfittico dualismo. E Ang Lee non lo fa, scegliendo di collocarsi dalla parte di Burton, Miyazaki, ecc. Da spalti, curve & platee s'eleva all'unisono l'urlo: "Fatece sognà". Sogni d'oro, pataccato. Nel frattempo, magari (ri)ascoltarsi "Why Are We Sleeping?" dei Soft Machine (1968: recentissimo). Mauro Lanari (un grazie a Orietta Anibaldi.
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