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Non fatevi ingannare fa chi dice che questo libro è complesso, poco scorrevole oppure che alcune scene sono noiose e senza senso... Rispondete solo a questa domanda: desiderate sbranare un romanzo di 180 in poche ore per poi piangere come bimbi increduli e ripetere dentro di voi “questo è un capolavoro, questo è un capolavoro, ma perché l’ho letto solo ora!” Leggete Cosmopolis perché, in fin dei conti, è una storia che riguarda tutti noi. E non solamente Eric Packer, il ventottenne giovane miliardario protagonista dell’opera di DeLillo.
No, non ci siamo proprio, libro deludente. Mi ha deluso soprattutto dal punto di vista della trama, che vorrebbe essere visionaria, ma che risulta essere semplicemente sconclusionata e davvero poco appassionante. Una sequela infinita di episodi poco interessanti che alle volte sembrano proiettati nel futuro, alle volte ancorati nel passato. Un protagonista verso cui non si riescono a provare reali emozioni e questo è quanto di peggio possa accadere leggendo un libro.
A me questo glaciale e folle principe del male ha ricordato il Kurtz di Cuore di tenebra (o di Apocalypse now se si preferisce), quell'insieme di rigore e di pazzia, di oscurità e vitalità. In un giorno eccezionale (come tutti i suoi giorni) attraversa Manhattan da est a ovest, dalla prima all'undicesima avenue, nascondendosi l'inevitabile appuntamento col destino dietro al più banale e nostalgico degli impegni, un taglio di capelli dal vecchio amico barbiere. E il piccolo guerriero della notte che lo abbatterà, un ex sottoposto nelle folli imprese finanziarie del principe, da lui vessato con superiore noncuranza, farà giustizia con un crescente senso di colpa di fronte a quell'apparente superuomo che, con somma delusione, e' volgarmente mortale come chiunque altro. Ancora una New York costretta a far da metafora alla follia dell'esistere e del dover morire, ancora una scrittura acutissima, cesellata, attentissima, ma talvolta ostica e inafferrabile.
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