Giacomo Papi: «Reinvento il presente per farlo vedere da una prospettiva diversa»
È un censimento pericoloso, quello di cui Giacomo Papi racconta nel suo ultimo romanzo: un indice di proscrizione per coloro che si rifiutano di svilire la complessità del reale e tradurne i contenuti in facili formulette demagogiche. Tra intellettuali uccisi per aver citato Spinoza e un'Autorità garante per la semplificazione della lingua, Papi ci mette in guardia: una risata ci seppellirà. Ma non sarà affatto divertente.

Il censimento dei radical chic
Giacomo Papi
Giacomo Papi non si ferma mai.
Giornalista, autore televisivo, insegnante di scrittura creativa e narratore, Papi non può essere certamente accusato di riposare sugli allori di un’onorata e fertile carriera di intellettuale: e infatti oggi il vulcanico Giacomo torna nelle librerie con “Il censimento dei radical chic”, instant novel a metà strada fra il giallo e la satira, impietosa e amara radiografia di un paese sempre più spaventato dal potere della parola e perennemente in guerra con sé stesso.
È – quella data da Papi – una rappresentazione che si fa forza del surreale per mostrare le storture dell’Italia contemporanea, usando l’immaginazione per scavare tra le pieghe dell’attualità. Un vaccino per contrastare alcuni dei virulenti germi che incubano nel qualunquismo e nella disaffezione alla politica. Dopo esserci fatti censire come lettori compulsivi – e quindi pericolosi – abbiamo voluto incontrare Papi per saperne di più.
La sintonia è scattata immediatamente, fra noi. Non c’è stato nemmeno bisogno di indossare un maglioncino di cachemire.
Raccontaci qualcosa del tuo ultimo libro. Di cosa ci parla "Il censimento dei radical chic"?
“Il censimento dei radical chic” è un romanzo comico, tragico e surreale. Racconta un mondo immaginario, ma che somiglia molto all’Italia di oggi, in cui gli intellettuali stanno scomparendo.
Il professor Giovanni Prospero, colpevole di aver citato il filosofo Spinoza in un talk show, è il primo a essere ucciso nel romanzo. A lui ne seguono altri. E Olivia, la figlia del professore, tornata in Italia da Londra dopo la morte del padre, si ritrova in un paese in cui c'è un Primo ministro degli Interni che vigila su tutto e un'Autorità garante per la lingua italiana che semplifica il vocabolario e riscrive tutti i classici a partire dall’"Infinito" di Leopardi. Un crescendo di cui non posso svelarvi il finale. Perché “Il censimento dei radical chic” è anche un giallo, un giallo comico, dove non si cerca tanto l'assassino, quanto il corpo degli intellettuali.
"Il censimento dei radical chic" potrebbe essere definito “distopia”, ma lo è solo fino a un certo punto, perché parte da un’analisi di cosa sta accadendo in Italia nei confronti di un certo tipo di cultura...
Il termine “distopia” non mi piace molto e non lo userei per parlare de “Il censimento dei radical chic”, che piuttosto si rifà a testi o pamphlet satirici da “La fattoria degli animali” a “1984” di Orwell o a libri precedenti di Swift e Voltaire. Potrei quasi definirlo instant novel, nel senso che reinventa il presente per farcelo vedere da una prospettiva diversa.
Il censimento dei radical chic è anche un giallo, un giallo comico, dove non si cerca tanto l'assassino, quanto il corpo degli intellettuali.
Hai scelto di far raccontare la storia dal punto di vista di Olivia, una figura forse in grado di cogliere quelle storture che noi dall’interno forse rischiamo di non notare più con altrettanta efficacia.
Nell’economia del romanzo Olivia rappresenta lo sguardo di una persona che è stata a lungo lontana dall’Italia. Ma il suo sguardo assomiglia anche al mio, cioè allo sguardo di tante persone che oggi si ritrovano in un paese diverso da quello in cui credevano di vivere. Uno sguardo spaesato, che non siamo ancora in grado di riconoscere. Allora ho cercato di reinventarlo, rivedendo il tempo e il mondo in cui viviamo attraverso uno sguardo vergine.
Da giornalista e attento osservatore di quello che accade, come credi possiamo arginare la deriva che è intorno a noi e nelle cui manifestazioni ci imbattiamo tutti i giorni?
Credo che il primo argine che possiamo porre contro questa deriva sia l’ironia, persino la comicità. Se gli intellettuali italiani hanno una colpa – e questo libro non è tenero con i cosiddetti radical chic – è quella di presentarsi sempre come quelli che hanno solo certezze. Sono diventati dei “sacerdoti”, dando spazio a tutto il complottismo che osserviamo intorno a noi. L’atteggiamento di un intellettuale dovrebbe essere invece quello del dubbio metodico, come insegna Socrate. Oggi però il dubbio si tramuta spesso in sospetto massificato, rischiando di distruggere la possibilità della nostra società di capirsi.
Hai qualche consiglio per aiutare tutti noi che amiamo leggere a non rientrare nel “censimento dei radical chic”?
Devo avvisare che “Il censimento dei radical chic” stesso ha una controindicazione: chiunque lo acquisti (o peggio lo legga) sarà automaticamente censito dall’Autorità garante della semplificazione del linguaggio e dal Primo ministro dell'Interno in quanto radical chic. E anche se non lo è non importa. Non importa quanti soldi abbia, se viva in un attico, se sia semplicemente diplomato oppure laureato: questo libro vale come tessera onoraria del club. Radical chic di tutto il mondo unitevi!
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1947
Elisabeth Åsbrink

M. Il figlio del secolo
Antonio Scurati

Una variazione di Kafka
Adriano Sofri

Natura morta con picchio
Tom Robbins
Ci puoi dare qualche consiglio di lettura, tra classici che di tanto in tanto torni a leggere oppure novità che hai letto di recente e che ti sono piaciute?
Ci sono quattro libri che vi vorrei consigliare. Il primo è “1947” di Elisabeth Åsbrink, pubblicato da Iperborea, la storia di un anno di svolta. Si compone di brevi pezzi storici e autobiografici che si incastrano l’uno nell’altro fino a comporre un collage che, da un lato, ha una sua importanza storica ma che, come capita alla storia narrata bene, dall’altro ha una base autobiografica fortissima.
Il secondo libro, uscito quest’anno, è “M.” di Antonio Scurati, un libro che racconta l’ascesa di Mussolini al potere dal 1919 al 1924, fino all’omicidio Matteotti. Un libro pieno di dati, di informazioni che si sono perse nel tempo. Un libro che, mentre lo si legge, diventa una specie di specchio rispetto al mondo in cui viviamo oggi.
Un altro testo, diverso e molto affascinante, è “Una variazione di Kafka” di Adriano Sofri. Un libro che all’inizio sembra un testo di filologia per poi diventare un’indagine sullo sguardo, ma con un sottofondo autobiografico, alla maniera di grandi libri come "Sulle spalle dei giganti" di Umberto Eco e altri testi a metà tra letteratura e saggio.
L’ultimo libro che mi piacerebbe consigliarvi è un romanzo degli anni settanta, ora un po’ dimenticato, “Natura morta con picchio” di Tom Robbins. Un testo molto divertente: credo di non aver mai riso così tanto leggendo un libro.
Per concludere, raccontaci qualcosa delle tue abitudini di scrittura.
Il lavoro di scrittura letteraria è qualcosa a cui bisogna ubbidire. Ogni libro però nasce come vuole lui e bisogna assecondarlo. “Il censimento dei radical chic”, ad esempio, l’ho scritto nel luglio scorso, in un periodo in cui mi avevano appena operato e ho avuto venti giorni per scrivere in pace a casa. All’inizio doveva essere un breve racconto da pubblicare a puntate sul “Post”, ma poi in quindici-venti giorni tutto il romanzo è venuto fuori con una naturalezza non progettata inizialmente. Normalmente invece il lavoro di preparazione è più lungo: "I fratelli Kristmas”, ad esempio, lo scrissi dopo averlo raccontato ai miei figli per ventuno notti di fila a partire dalla Vigilia di Natale.
Giacomo Papi (Milano 1968) è giornalista, scrittore e autore televisivo; dirige inoltre la scuola di scrittura milanese Belleville e il sito di racconti Typee, collegato alla scuola. Ha pubblicato Era una notte buia e tempestosa (Baldini & Castoldi, 1993), Papà (Pratiche, 2002), Accusare (Isbn, 2004). Per Einaudi ha pubblicato È facile ricominciare a fumare (2010), I primi tornarono a nuoto (2012), I fratelli Kristmas (2015) e La compagnia dell'acqua (2017). Nel 2019 ha scritto Il censimento dei radical chic (Feltrinelli). Scrive su «D di Repubblica» e lavora a Che tempo che fa.